“De-globalizzazione”: come cambiano le supply chain

"De-globalizzazione": come cambiano le supply chain - Augustas: Risk Management a 360°

“De-globalizzazione”: come cambiano le supply chain

Il report “How Covid-19 is reshaping supply chains”, analizza gli impatti della pandemia sulle catene di approvvigionamento a livello globale, intervistando un pool diversificato di responsabili di supply chain, che hanno descritto i passi intrapresi nel corso dell’anno per rinforzare le proprie catene di fornitura, confrontandoli con i piani elaborati in epoca pre-pandemica.

Condotta nel secondo trimestre del 2021 e diffusa nel novembre 2021, la ricerca mostra come le risposte alla sfida della resilienza variano a seconda dei settori.

  • Le aziende del settore health-care si posizionano in cima alla classifica, avendo implementato la gamma più ampia di misure, con il 60% degli intervistati nel settore che affermano di aver regionalizzato le proprie supply chain e il 33% di aver spostato la produzione più in prossimità dei mercati finali.
  • Al contrario, solo il 22% dei player del settore automotive, aerospaziale e della difesa ha regionalizzato la produzione. Questo dato contrasta con l’oltre 75% che nella ricerca dell’anno precedente aveva dato priorità proprio alla regionalizzazione.
  • Gli operatori dei settori chimico e delle commodity sono quelli che hanno apportato i minori cambiamenti alle proprie catene di fornitura nel corso dell’anno.

L’evidenza principale che emerge dal report riguarda la regionalizzazione, che viene identificata come una priorità per la maggior parte delle aziende. Infatti, quasi il 90% degli intervistati afferma di voler intraprendere strategie di regionalizzazione nei prossimi tre anni: infatti il 100% degli operatori health-care e di ingegneria, costruzioni e infrastrutture definisce tale approccio come rilevante per il proprio settore.

L’alternativa è ormai prescelta e si tratta delle strategie di nearshoring (in opposizione all’offshoring) con l’obiettivo di moderare le criticità di global supply chain troppo dispersive, dunque cariche di rischio, scegliendo invece catene più corte. I vantaggi sono evidenti: una strategia di nearshoring offre una vicinanza culturale, una comunicazione trasparente e la completa visibilità del progetto, un fuso orario simile, la conoscenza del mercato e una prossimità geografica. Anche il digital sarà un valore aggiunto: da un lato rappresenta una risorsa da meglio sfruttare per un approccio decisionale più puntuale e basata sui dati, dall’altro è in grado di generare una serie di effetti legati all’automazione dei processi.

La realtà si sta delineando con chiarezza: la produzione diventa meno importante per l’economia mondiale; l’automazione consente di ridurre la necessità di manodopera negli stabilimenti. Infatti ci sono segnali interessanti che produttori e rivenditori stanno cercando di tenere sotto controllo i rischi diversificando le fonti di approvvigionamento di componenti chiave e prodotti finiti, anziché produrre tutto in giganteschi stabilimenti dispersi in Estremo Oriente.

In questo senso diventa realistico affermare che la globalizzazione sia “in declino”, anche per effetto dei sussidi erogati dai governi per proteggere i mercati a vantaggio dei produttori nazionali. Entriamo o ritorniamo in un nazionalismo economico “soft”, senza manifestazioni plateali ma capace di trasformare le strutture di base dell’economia.

In conclusione, è evidente come la crisi da Covid-19 prima, e la guerra poi, abbiano messo le catene di approvvigionamento sotto i riflettori, facendone emergere le vulnerabilità agli shock e alle interruzioni, con molti settori in difficoltà per carenze dal lato dell’offerta in termini di manodopera specializzata, materie prime, oltre che per i vincoli di capacità logistica.

L’Economist ha definito questa retromarcia della globalizzazione come “slowbalisation”, ovvero un rallentamento nelle tendenze di integrazione economico-finanziaria tra Paesi. Non è un processo di reversione. È un rallentamento sotto i colpi della pandemia prima e della guerra in Ucraina oggi.

In questo contesto, in vista della ripresa, che si spera possa concretizzarsi verso la fine del 2022 e che potrebbe comunque essere accompagnata da nuove ondate pandemiche, è fondamentale conciliare i tentativi di intervento e organizzazione sulla supply chain a breve termine con visioni per il medio e lungo periodo.

 

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